Quali effetti avrà sulle economie dei Paesi latino americani il crollodel prezzo del petrolio? Questa è stata la domanda di fondo che ha caratterizzato l’incontro che si è svolto a Roma tra gli ambasciatori Antolín Ayaviri Gómez della Bolivia e Julián Isaías Rodríguez del Venezuela, con esperti, economisti e giornalisti. I due Paesi, pur rappresentando in America Latina le realtà di punta del nuovo modello di sviluppo basato soprattutto sulla crescita sociale, hanno registrato conseguenze molto diversificate.
Nell’introduzione è stato ricordato che dopo tanti anni di crescita a ritmi vicini a quelli dei Paesi asiatici, l’America Latina in questa fase segna decisamente il passo, come lo dimostrano anche i dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale. Si tratta ora di capire come reagiranno i vari governi, sia di ispirazione liberale che quelli di orientamento socialista. Il primo che è intervenuto nel dibattito è stato l’Ambasciatore boliviano.
Per Antolín Ayaviri Gómez, in Bolivia il prezzo del petrolio ha un’incidenza molto relativa. Lo dimostra il fatto che il Paese ha registrato l’anno scorso una crescita del 5,9%, la più alta del sub continente americano. Molto lo si deve al fatto che sotto la Presidenza di Evo Morales, è stato avviato il cosiddetto ‘Modello Sociale Comunitario Produttivo’, inteso a sviluppare soprattutto il consumo interno senza dipendere eccessivamente dal petrolio, anche se il settore energetico, in particolare il gas, ha certamente una sua rilevanza.
Il modello boliviano ha conseguito a partire dal 2006 risultati sicuramente apprezzabili determinando oltre 6 miliardi di investimenti pubblici (lo Stato gestisce l’80% delle imprese) e 2 miliardi di investimenti privati. Anche le riserve di valuta hanno subito un notevole incremento passando in meno di dieci anni da 340 milioni a 15 miliardi di dollari.
Per questi motivi la Bolivia oggi non teme più di tanto la caduta del prezzo del petrolio. La stabilità interna e la forte coesione sociale hanno consentito la nascita di 147 mila nuove imprese, un sostanziale aumento dei fatturati dei supermercati e una notevole riduzione del numero dei poveri, che sono passati dal 38% della popolazione fino al 18%, con l’obiettivo di arrivare al 9%. Per l’Ambasciatore boliviano, lo Stato nello svolgere un ruolo fondamentale nell’economia ha consentito di redistribuire le ricchezze e gli introiti e quindi di favorire i giovani, gli anziani e la parte più debole della popolazione.
La situazione si presenta in maniera molto diversa in Venezuela, che ha avuto nel Presidente Ugo Chavez (scomparso nel 2013 dopo una lunga malattia) il vero leader della svolta socialista in America Latina. “Per noi”, ha spiegato l’Ambasciatore Julián Isaías Rodríguez, “la caduta del prezzo del petrolio ha delle conseguenze pesanti, vista la grande importanza del Petrolio nell’economia Venezuelana”. In effetti, mentre nel 2012 il Venezuela è cresciuto del 5,5%, l’anno scoro il Pil è diminuito del 3%.
Per l’Ambasciatore a complicare la situazione ci sono anche alcuni fattori interni. E’ mancata, ad esempio, una maggiore coesione tra le varie forze politiche, con un’opposizione che ha ostacolato in tutti i modi i piani di sviluppo e di crescita. Purtroppo questa contrapposizione ha radici storiche nella società venezuelana.
Inoltre, non si può nascondere, che la grande personalità del Presidente Chavez e la sua capacità di convincere altri leaders latino americani hanno creato molta preoccupazione in diverse cancellerie estere e negli ambienti dell’alta finanza, pronti a scatenare anche una guerra economica che ha favorito, tra l’altro, la crescita del contrabbando.
L’Ambasciatore ha poi sottolineato il nuovo ruolo giocato in America Latina dalla Cina che ormai è diventato il secondo investitore dopo gli Stati Uniti. “Anche se i cinesi” ha dichiarato Isaias Rodriguez “investono in settori che soddisfano le loro esigenze, come quello alimentare, non v’è dubbio che rappresentano un’alternativa utile da contrapporre al predominio nord americano”.
Sollecitato da Punto Continenti in merito alla permanente conflittualità interna l’Ambasciatore ha riconosciuto che sarebbe auspicabile che entrambe le parti facessero un’autocritica: “l’opposizione non può continuare in eterno a ostacolare ogni tentativo di riforma sociale, avendo come unico obiettivo la caduta del Governo che, da parte sua, non deve vedere nell’opposizione solo il pericolo di un ritorno a un passato che probabilmente non auspica più nessuno. Questo sforzo reciproco va compiuto per il bene supremo della Nazione”.
Entrambi gli Ambasciatori hanno poi concordato sul fatto che è fondamentale per l’intera America Latina proseguire nel processo d’integrazione economica, nonché di diversificare il più possibile i rapporti con le altre aree economiche tra cui l’Europa che potrebbe svolgere un ruolo di primissimo piano. Infine, entrambi si sono dichiarati convinti che l’apertura degli Stati Uniti verso Cuba avrà dei riflessi molto positivi sull’intero continente latino americano.