14 Aprile, 2021
“Libertà di espressione, diritto di satira e tutela del sentimento religioso” di Rossella Miranda

 

ROSSELLA MIRANDA. Delegata di Fundación Promoción Social in Italia.

La satira può spingersi fino a offendere il sentimento religioso? Esiste un diritto alla blasfemia? Due sono i valori in campo: il libero manifestarsi del pensiero e il rispetto per le fedi religiose; legittimo il criticare, anche a mezzo della satira, i contenuti di una religione, non altrettanto sconfinare nel disprezzo per le persone che in quella religione credono.

La conferenza “Libertà di espressione, diritto di satira e tutela del sentimento religioso” che si è svolta il 26 febbraio 2021 ha voluto promuovere un confronto su questi temi, riunendo accademici e rappresentanti di diverse tradizioni religiose, e rivolgendosi particolarmente ad un pubblico di giornalisti.

Aldilà dei pronunciamenti e delle sentenze, il bilanciamento tra la libertà d’espressione e la tutela del diritto altrui non può che basarsi su quelle virtù umane che devono sempre illuminare l’attività sia del giurista che del giornalista, rifuggendo gli estremi: solo con il dialogo si costruisce un cammino di pace e solo con il dialogo si riesce a meglio valorizzare le altrui necessità. Esiste una dimensione relazionale della parola che pone i limiti alla libertà d’espressione di ciascuno, dunque.  La nostra stessa identità include le relazioni e di questo occorre tener conto.

Tali limiti sembrano oggi particolarmente complicati da gestire in un contesto globalizzato in cui chiunque è in grado di influenzare, dal basso, l’affermarsi di opinioni e sentimenti. 

D’altra parte, la libertà di espressione non è solo un diritto fondamentale della persona umana, ma anche un aspetto caratterizzante di una società democratica e pluralista, così come la Corte europea dei diritti dell’uomo ha insistito e insiste continuamente. La minaccia alla libertà di espressione può condurre alla degenerazione dell’assetto democratico di una società, pertanto, la tutela giuridica è uno strumento necessario, anche nei confronti della satira che può rappresentare una reazione a possibili abusi di potere.

Rispetto alla tutela delle tradizioni religiose, appare significativa una distinzione: se per tradizione religiosa intendiamo il contenuto oggettivo di una dottrina confessionale oppure di una dottrina ideologica nei suoi dogmi, nelle sue credenze, la sua tutela sul piano penale potrebbe tradursi in reati di opinione generalmente non ammessi perché in contrasto con la libertà di manifestazione del pensiero;  ma se per tradizione religiosa si intende invece l’insieme dei riti mediante i quali viene attualmente espressa da una comunità di credenti, cioè una tradizione religiosa viva, vivente, sostenuta da una comunità di persone, allora si rientra nell’ambito di esercizio del diritto di libertà religiosa tutelato dall’articolo 19 della nostra Costituzione e dall’articolo 9 della Convenzione europea  e, dunque, può consentire un possibile limite alla libertà di espressione del pensiero. 

In Europa la situazione è ben lungi dall’essere chiara e non tende verso una unificazione di approcci.

In Francia è possibile insultare una religione, le sue figure e i suoi simboli, invece è proibito insultare i seguaci di una religione. Il legislatore francese non si è pronunciato sul fatto che la blasfemia verso una religione sia anche nei confronti dei suoi seguaci. Ci sono Paesi come l’Austria che considerano la blasfemia come un reato e altri come l’Irlanda che hanno abolito le disposizioni che proibiscono la blasfemia. Tutta la difficoltà risiede nel fatto che offendere i seguaci di una religione oppure gli appartenenti ad una etnia, cultura o nazione potrebbe tradursi in un attentato all’ordine pubblico. Mettendo l’accento sull’ordine pubblico possiamo salvare la pace religiosa.

La pretesa neutralità ideologica di una cultura politica che dichiara di volersi costruire sulla formazione di regole meramente procedurali di giustizia, rimuovendo ogni giustificazione etica e ogni ispirazione religiosa a tutela proprio della libertà di tutti corre il rischio di tradursi in una ideologia della neutralità che, di fatto, impone l’emarginazione, se non l’esclusione, dell’espressione religiosa dalla sfera pubblica. E uno Stato “moralmente neutrale” che controlla il campo di tutti i giudizi umani, rischia di mettere in discussione, al di là del criterio del giusto ordine pubblico, la libertà delle comunità religiose a organizzarsi secondo i loro principi.

E’ pur vero che risulta anche estremamente difficile stabilire una volta per tutte una linea precisa, pertanto bisogna necessariamente fare affidamento sulla giurisprudenza della Corte e stabilire caso per caso. Una giurisprudenza, dunque, che rischia di lasciarci insoddisfatti perché non è lineare, è instabile e propone risposte condizionate dalle società. 

Certo è che la sensibilità religiosa, e per alcune tradizioni in particolare, non attiene solo alla chiesa di appartenenza, ma ha a che fare con dimensioni della persona che sono più profonde, legate alla sua storia, alla sua famiglia, alle sue origini. Comprendere queste sensibilità, tenere in conto un’etica della conoscenza può quindi portare non solo ad un maggiore rispetto dell’altro ma anche a quel concetto di piena cittadinanza cui si riferiva anche Papa Francesco nell’Enciclica Fratelli Tutti. 

La religione svolge un ruolo centrale nelle dinamiche dello sviluppo sociale, in quanto a una maggiore tutela della relativa libertà corrisponde una diminuzione delle tensioni sociali e un incremento del benessere sociale ed economico. In quest’ottica, un certo analfabetismo religioso, così come la mancanza di conoscenza e di riconoscimento del ruolo svolto dalle religioni per gran parte dell’umanità, rischia di alimentare pregiudizi e stereotipi che contribuiscono a un aumento di tensioni, incomprensioni, mancanza di rispetto.

In tale contesto, resta aperto il dilemma per i giornalisti che, nello svolgere il proprio compito di raccontare la realtà, si trovano nella necessità di gestire anche una narrativa irrispettosa, contribuendo talvolta alla sua amplificazione. Tra l’altro, lo sviluppo delle comunicazioni attraverso internet e le reti sociali apre potenzialità di partecipazione sociale fino a ieri inaccessibili e dà un rilievo eccezionale alle manifestazioni delle religioni, ma diffonde anche teorie e pratiche attribuite a loro indebitamente. Le forme espressive della religione sono tra le più esposte all’emotività incontrollata e al fraintendimento pilotato. In questo quadro, il ruolo dei professionisti della comunicazione appare ancora più cruciale nel veicolare una corretta e riguardosa informazione. 

Il tema resta cruciale per il contesto postmoderno nel quale ci muoviamo. La modernità ci ha lasciato una concezione dell’uomo individualista e astratta; nella realtà, ciascuno di noi è sempre una persona concreta, in relazione con altre persone ed è per questo motivo che, come si affermava in precedenza, la conoscenza reciproca diventa un dovere.

In questa direzione si è mosso il Centro Studi sul Medio Oriente -CEMO, tra i promotori della Conferenza. Il Think Thank è stato istituito dalla Fondazione per la Promozione Sociale -FPS, ente di nazionalità spagnola impegnato nella difesa della dignità della persona. Dal 2004 il CEMO incoraggia scambi e approfondimenti per la promozione del dialogo e della conoscenza anche tra tradizioni religiose differenti, nella convinzione che laddove il fattore religioso continua ad essere impiegato erroneamente per alimentare l’estremismo e la violenza, il dialogo può essere parte della soluzione. 

Così come l’impegno per la salvaguardia della libertà di religione è sempre stato prioritario nel lavoro portato avanti dal CEMO. “Siamo testimoni, attraverso il nostro lavoro quotidiano in Medio Oriente, dei successi e dei fallimenti, dei progressi e delle battute d’arresto, delle speranze e delle frustrazioni della gente che ci vive. È urgente proporre soluzioni serie per la pace e impegni fermi per ristabilire l’autorità degli Stati, tenendo conto dell’importanza della libertà religiosa come strumento di coesione e integrazione delle diverse minoranze religiose con pari diritti a tutti i livelli” ha ribadito Jumana Trad, presidente della Fondazione, in occasione di un importante Simposio organizzato recentemente in Italia.

Volendo rimanere in un quadro europeo, non possiamo non considerare che l’imponente stagione delle migrazioni d’interi popoli stanno creando, all’interno dell’Occidente, società strutturalmente interreligiose, interculturali, interetniche. Appare urgente valutare se i modelli attuali del rapporto tra libertà religiosa e democrazia civile siano ancora validi. Ma, ancora una volta, il punto di partenza è la necessità di una conoscenza più approfondita e il desiderio di un quieto riconoscimento reciproco. Questo è alla base dell’impegno del Centro Studi sul Medio Oriente per il prossimo futuro. 

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